La chiesa di Santa Maria delle Grazie è una basilica e santuario situata a Milano, appartenente all’Ordine Domenicano e facente capo alla parrocchia di San Vittore al Corpo. L’architettura della tribuna, edificata fra il 1462 e il 1463 per volere del Duca di Milano Ludovico il Moro come mausoleo per la propria famiglia, costituisce una delle più conosciute realizzazioni del Rinascimento in Lombardia.
Fu il secondo sito italiano dopo le incisioni rupestri in Val Camonica a essere classificato come patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, insieme con l’affresco del Cenacolo di Leonardo da Vinci che si trova nel refettorio del convento (di proprietà del Comune di Milano).
Risale al 1459 la fondazione di un secondo nucleo di frati domenicani a Milano, in aggiunta al primo, antico insediamento di Sant’Eustorgio risalente al 1227, di soli undici anni successivo alla fondazione dell’ordine.
La congregazione di Domenicani, stabilitisi presso l’odierna chiesa di San Vittore al Corpo, ricevette in dono nel 1460 un appezzamento di terreno dal conte Gaspare Vimercati, condottiero al servizio degli Sforza. Su questo terreno si trovavano una piccola cappella dedicata a Santa Maria delle Grazie, e un edificio a corte a uso delle truppe del Vimercati. Il 10 settembre 1463 viene posata la prima pietra del complesso conventuale. La costruzione prese avvio da quello che è oggi il Chiostro dei Morti, adiacente alla primitiva cappella della Vergine delle Grazie, che oggi corrisponde all’ultima cappella della navata sinistra della chiesa. A dirigere i lavori fu chiamato Guiniforte Solari, l’architetto più in vista in quegli anni a Milano, già ingegnere capo della fabbrica del Duomo, dell’Ospedale maggiore e della Certosa di Pavia. Grazie al mecenatismo del Vimercati, il convento fu completato nel 1469, come racconta il domenicano Padre Gattico, il cui racconto è prezioso per ricostruire le fasi edificatorie del complesso.
L’edificazione della chiesa ebbe inizio, come di consueto, dalla zona absidale, contemporaneamente alla costruzione del convento. Nel progetto, il Solari si attiene alla consolidata tradizione gotica lombarda della basilica a tre navate, con volte a ogiva e facciata a capanna. Anche i materiali sono quelli della tradizione lombarda, il cotto per le murature e la pietra di granito per le colonne e i capitelli. L’impianto è quello della chiesa a sala, con tre navate basse e larghe, separate da colonne in pietra che facilitano il passaggio della luce creando un ambiente unitario, sviluppato più orizzontalmente che verticalmente. Le navate sono coperte da volte a crociera con cordonature, rette da capitelli a foglie. La fattura dei capitelli, non più a foglie lisce com’era uso, ma con motivi che richiamano l’ordine corinzio, è una timida concessione allo stile classicheggiante che ormai si stava diffondendo anche al nord. Le navate minori sono fiancheggiate da file di sette cappelle laterali quadrate, illuminate da un tondo centrale e due finestre ad arco acuto. La struttura è quindi la stessa della precedente sede domenicana di Sant’Eustorgio, così come delle altre creazioni solariane a Milano: l’Abbazia di Casoretto, San Pietro in Gessate, Santa Maria della Pace.
La semplice facciata a capanna è divisa in cinque campiture da sei contrafforti. La larghezza è quasi il doppio dell’altezza che comunque supera quella delle navate interne, come si può vedere dagli oculi ciechi in quanto collocati al di sopra della quota del tetto. La sobria decorazione è costituita dai rilievi in cotto a stampo che incorniciano le monofore e i rosoni, e dagli archetti che ne decorano il coronamento. Le porte laterali appaiono senza ornamenti, dopo che nell’Ottocento furono asportati i portali barocchi nel corso dei restauri compiuti da Luca Beltrami, che intendeva riprodurre l’aspetto quattrocentesco.
Il portale centrale, in marmo bianco, costituisce il primo intervento attuato su impulso di Ludovico il Moro, subentrato al Vimercati nel patrocinio dei lavori del complesso dopo che questa si era resa responsabile di una fallita congiura. Sui due piedestalli cubici poggiano le colonne in marmo bianco, decorate da una fascia in pietra a motivi floreali. Posteriormente sono affiancate da pilastri decorati a candelabre, in particolare sul sinistro è visibile la “scopetta”, impresa di Ludovico il Moro. Sorretta da questi elementi è un’alta trabeazione, decorata con tondi con profili di figure. A coronamento vi è una lunetta con volta a cassettoni, che ospita un settecentesco affresco di Michelangelo Bellotti. L’attribuzione del progetto, da alcuni assegnato a Bramante, non è unanime. Il candore del marmo bianco, la grazia delle decorazioni d’ispirazione classica e la linearità geometrica del portale sono esaltati dal contrasto con la sobria struttura in cotto della facciata.
La notte del 15 agosto 1943, i bombardieri anglo-americani colpirono la chiesa e il convento.
Il refettorio fu raso al suolo, si salvarono pochi muri, fra cui quello del Cenacolo, che era stato rinforzato appositamente con sacchi di sabbia. Furono completamente distrutto il solariano Chiostro dei Morti, la biblioteca, e il fianco sinistro della chiesa con le relative cappelle. La ricostruzione del dopoguerra fu solo parziale.
Nel giugno del 1993 papa Giovanni Paolo II elevò la chiesa alla dignità di basilica minore.
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