Il Palazzo Reale di Milano (già Palazzo del Broletto Vecchio) è stato per molti secoli sede del governo della città di Milano, del Regno del Lombardo-Veneto e poi residenza reale fino al 1919, quando viene acquisito al demanio diventando sede di mostre ed esposizioni.
Originariamente progettato con un sistema di due cortili, poi parzialmente demoliti per lasciare spazio al Duomo, il palazzo è situato alla destra della facciata del duomo in posizione opposta rispetto alla Galleria Vittorio Emanuele II. La facciata del palazzo, seguendo la linea dell’antico cortile, forma una rientranza rispetto a piazza del Duomo, chiamata piazzetta reale.
Di particolare importanza è la Sala delle Cariatidi al piano nobile del palazzo, che occupa il luogo dell’antico teatro bruciato nel 1776 ed è l’ambiente più significativo sopravvissuto, anche se gravemente danneggiato, al pesante bombardamento anglo-americano del 1943; ai danni causati dagli spezzoni incendiari e dai violenti spostamenti d’aria fece seguito uno stato di abbandono durato per più di due anni, fatto questo che causò al palazzo danni ben più gravi, con la perdita di buona parte degli interni neoclassici.
Nel 1859 con l’annessione della Lombardia ai domini piemontesi, il Palazzo Reale diviene sede del nuovo governatorato della città di Milano guidato da Massimo d’Azeglio che vi si insedia il 13 febbraio 1860 per poi lasciare l’incarico quello stesso anno. Con la proclamazione del regno d’Italia nel 1861, il palazzo diviene proprietà diretta della famiglia reale dei Savoia: i soggiorni dei membri della casa regnante sono però poco frequenti e di breve durata durante tutto il periodo del Regno, in quanto Milano non è più la capitale dei domini. Umberto I, risiedette prevalentemente nella Villa Reale di Monza e come tale calcò poco il suolo milanese: dopo il suo assassinio nel 1900 il figlio Vittorio Emanuele III tenderà a frequentare il palazzo milanese solo in occasioni ufficiali. L’ultimo ricevimento ufficiale risale al 1906 in occasione dell’Esposizione Universale.
Nel 1919 l’ultima visita ufficiale a palazzo sarà quella del presidente americano Wilson che viene accolto a Milano da Vittorio Emanuele III. L’11 ottobre di quello stesso anno Palazzo Reale viene ceduto da Casa Savoia allo Stato italiano, con la clausola che comunque gli appartamenti rimangano a disposizione della famiglia reale. Alcuni membri dei Savoia abiteranno fino alla seconda guerra mondiale in alcuni appartamenti minori; tra questi, il Duca di Bergamo.
A partire dalla metà dell’Ottocento il palazzo è stato oggetto di interventi importanti: il primo era avvenuto in intorno al 1850 quando, per ragioni viabilistiche, si accorciò di due campate la manica orientale, quella a ridosso del Duomo, modificando le proporzioni del palazzo che aveva in origine sette campate monumentali su ciascuna delle ali laterali verso la piazza.
Piazza del Duomo a Milano in un’immagine precedente al 1936. In primo piano la “Manica Lunga”, ala sporgente verso piazza del Duomo che apparteneva a Palazzo Reale, demolita a metà degli anni trenta per lasciare spazio al Palazzo dell’Arengario
La seconda modifica importante avviene nel 1925, con la demolizione del maestoso edificio delle Scuderie Reali, opera degli architetti Luigi Canonica e Giacomo Tazzini, che congiungendosi alla fabbrica piermariniana all’altezza dell’attuale via Pecorari, prolungava il complesso del Palazzo Reale fino a Via Larga, collegandosi al Teatro alla Canobbiana. Sull’area delle Scuderie viene successivamente realizzato il Palazzo degli Uffici Comunali ad opera dell’architetto Renzo Gerla (1927).
Il terzo intervento importante avvenne tra il 1936 e il 1937, quando si accorciò di 60 metri la cosiddetta “Manica Lunga”, ovvero un’ala del palazzo sporgente verso piazza Duomo, per costruire il Palazzo dell’Arengario.
Il palazzo intero subì gravi danni nella notte del 15 agosto 1943 quando la città venne colpita da un bombardamento inglese. In realtà le bombe colpirono direttamente l’edificio solo nell’ala est del cortile d’onore e all’altezza della Sala delle Otto Colonne verso via Rastrelli, ma i danni si estesero a causa degli spostamenti d’aria che fecero crollare le tegole in molte zone del tetto e ancor più a causa dell’incendio delle travature nei sottotetti; incendio che, non immediatamente notato e domato, vista anche la situazione generale di sbando in cui versava la città, intaccherà il sottotetto della Sala delle Cariatidi, bruciandone l’orditura lignea e causando così il crollo delle grandi capriate che nella loro caduta travolgeranno la volta, una porzione del ballatoio e spaccheranno in più punti anche il pavimento, lasciando tuttavia quasi intatte le statue delle Cariatidi di Callani e buona parte della balaustra e dell’ordine superiore.
L’elevata temperatura scatenatasi nella sala surriscaldò gli stucchi e ne trasformò il colore e la materia costitutiva, rovinando definitivamente la famosa sala, compresi i dipinti dell’Appiani che vi erano conservati. La perdita delle tegole causerà poi danni enormi nelle sale esposte verso Piazza Duomo, a causa dell’infiltrazioni di acqua dal sottotetto al secondo piano e da quest’ultimo alle meravigliose sale del piano nobile.
Fu così che gran parte del palazzo rimase scoperchiata dall’agosto 1943 fino al 1945 e oltre, subendo danni ancora più gravi di quelli causati direttamente dal bombardamento, con la perdita di affreschi di Appiani, Knoller, Traballesi, e delle decorazioni a stucco dell’Albertolli e del Tazzini. La storia fu parallela a quella del Teatro alla Scala, ugualmente semidistrutto e scoperchiato nell’agosto 1943, e successivamente messo in salvo da ulteriori danni dalle autorità competenti della Repubblica Sociale Italiana prima, e da quelle insediatesi dopo il 25 aprile 1945. A differenza del Teatro alla Scala, dello stesso Piermarini, la Sala delle Cariatidi non sarà però mai restaurata, nonostante i vari tentativi proposti, seguendo la linea di restauro “critico-creativa” proposta da Renato Bonelli, erede della tradizione del grande restauro filologico di Luca Beltrami.
Sarà a guerra finita nel 1947 che la soprintendenza ai beni culturali provvederà a dare l’inizio ai lavori di recupero del palazzo e nello specifico della Sala delle Cariatidi. Viene così realizzato un nuovo pavimento e una nuova copertura della sala, piana, senza la ricostruzione delle precedenti decorazioni (di cui però si possiede ampia documentazione).
La Sala delle Cariatidi a seguito dei danni bellici, negli anni Cinquanta, utilizzata come spazio espositivo
La Sala delle Cariatidi riacquista grande notorietà a partire dal 1953 quando si cerca di convincere Pablo Picasso a esporre la Guernica a Milano nell’ambito di una mostra a Palazzo Reale. L’artista, nonostante un forte scetticismo iniziale, viene convinto da Attilio Rossi ad esporla a Milano alla Sala delle Cariatidi per poco più di un mese, a mostra già iniziata. A quanto pare Rossi portò a Picasso immagini della Sala delle Cariatidi, ma non menzionò i danneggiamenti relativi all’incuria successivi alla guerra, lasciando intendere a Picasso che ciò che vedeva era frutto esclusivo dei bombardamenti. Seguono decenni di immobilismo, durante i quali le sale del palazzo, mascherate da pareti in cartongesso e da teloni, accolgono importanti mostre d’arte, mentre ciò che resta delle decorazioni subisce un ulteriore progressivo degrado.
Solo a partire dal 2000 del resto, iniziano significativi interventi di restauro degli Appartamenti monumentali del Palazzo. Per quanto riguarda la Sala delle Cariatidi, si può dire che essa ha riacquistato solo un’idea dell’antico splendore con un’attentissima opera di restauro in parte integrativo, che ha rimosso gli annerimenti sulle pareti causati dall’incendio del 1943 (dunque di fatto ammettendo l’inconsistenza dell’ipotesi della volontarietà del mantenimento della sala come “monumento a testimonianza degli eventi bellici di Milano”, di cui peraltro non risultano documenti al riguardo) e ha disposto il consolidamento di tutte le superfici (strutturali e pittoriche). Sulla copertura del soffitto, precedentemente bianca, sono stati riportati i bozzetti a disegno di come la volta della sala doveva apparire prima del crollo.
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