Il Castello Sforzesco è un grande complesso fortificato situato a Milano poco fuori dal centro storico della città.
Fu eretto nel XV secolo da Francesco Sforza, divenuto da poco Duca di Milano, sui resti di una precedente fortificazione medievale del XIV secolo nota come Castello di Porta Giovia (o Zobia). Nella stessa area in cui sorgeva il Castello di Porta Giovia, in epoca romana, sorgeva l’omonimo Castrum Portae Jovis, uno dei quattro castelli difensivi della Milano romana.
Notevolmente trasformato e modificato nel corso dei secoli, il Castello Sforzesco fu, tra il Cinquecento e il Seicento, una delle principali cittadelle militari d’Europa; restaurato in stile storicista da Luca Beltrami tra il 1890 e il 1905, è oggi sede di istituzioni culturali e di importanti musei. È uno dei più grandi castelli d’Europa nonché uno dei principali simboli di Milano e della sua storia.
La costruzione di una fortificazione con funzioni prettamente difensive fu avviata nella seconda metà del Trecento dalla dinastia viscontea, che deteneva la signoria di Milano da quasi un secolo, da quando nel 1277 l’arcivescovo Ottone Visconti aveva sconfitto nella battaglia di Desio e cacciato da Milano il precedente Signore, Napoleone della Torre. Nel 1354 l’arcivescovo Giovanni Visconti, morendo, lasciò in eredità il ducato ai tre nipoti Matteo II, Galeazzo II e Bernabò.
Tra il 1368 e il 1370 Galeazzo II Visconti fece costruire, a cavallo delle mura della città, in corrispondenza della Porta Giovia (o Zobia) una fortificazione detta Castello di Porta Giovia, dal nome di Porta Giovia romana, antico ingresso della cinta delle mura romane di Milano, che doveva a sua volta la sua denominazione a Giovio, soprannome dell’imperatore Diocleziano. In epoca romana, nella stessa area dove sarebbe sorto il Castello di Porta Giovia medievale, era presente l’omonimo Castrum Portae Jovis, uno dei quattro castelli difensivi della Milano romana.
Il Castrum Portae Jovis iniziò a rivestire, a partire dal 286, quando Milano diventò capitale dell’Impero romano d’Occidente, anche la funzione di Castra Praetoria, ovvero di caserma dei pretoriani, reparto militare che svolgeva compiti di guardia del corpo dell’imperatore. Tale zona era quindi il “Campo Marzio” di Milano, ovvero l’area consacrata a Marte, dio della guerra, che era utilizzata per le esercitazioni militari.
Il medievale Castello di Porta Giovia venne ampliato dai suoi successori: Gian Galeazzo Visconti, che divenne nel 1395 il primo duca di Milano, Giovanni Maria e Filippo Maria, che per primo trasferì stabilmente nel castello la corte dal palazzo ducale che sorgeva presso il Duomo (l’odierno Palazzo Reale). Il risultato è stato un castello a pianta quadrata, con i lati lunghi 200 metri, e quattro torri agli angoli, di cui le due rivolte verso la città particolarmente imponenti, con muri perimetrali spessi 7 metri. La costruzione divenne così dimora permanente della dinastia viscontea, per essere poi distrutta nel 1447 dalla Aurea Repubblica Ambrosiana, costituita dai nobili milanesi dopo l’estinzione della dinastia viscontea alla morte senza eredi legittimi del duca Filippo Maria.
Fu il capitano di ventura Francesco Sforza, marito di Bianca Maria Visconti, ad avviarne la ricostruzione nel 1450 per farne la sua residenza dopo aver abbattuto la Repubblica ed essersi così impadronito di Milano. Senza un proprio blasone, Sforza mantenne come stemma del proprio casato la vipera viscontea.
Nella primavera del 1450 Francesco Sforza nominò Giovanni da Milano quale commissario per i lavori del nuovo Castello e Marcaleone da Nogarolo quale commissario per le provvisioni. L’inizio dei lavori, secondo alcuni storici, ebbe luogo il 1 luglio. Cinque mesi dopo furono completati i due tratti di mura della Ghirlanda verso Porta Comasina e Porta Vercellina e ci si accinse ad innalzare il lato verso il giardino e i due torrioni a base circolare del Carmine e di Santo Spirito, così chiamati in quanto rivolti verso la chiesa di Santa Maria del Carmine e di Santo Spirito (non più esistente). Nel febbraio del 1451 si realizzarono i battiponti e si spianarono le due piazze su cui in seguito sarebbero sorti i rivellini rivolti l’uno verso la città e verso il giardino. Per far fronte alla mancanza di liquidità causata dalla sottostima nel costo dei lavori, venne imposta a tutte le città del Ducato una tassa sul carreggio che poteva essere versata in natura o trasformata in denaro; il versamento, tuttavia, non veniva effettuato, veniva eseguito solo parzialmente o subiva spesso ritardi costrigendo il duca a continue sollecitazioni. Vi fu anche qualche problema nel trasporto dei materiali da costruzione dal momento che il legname proveniva dai boschi di Cusago mentre la calce fin da Mergozzo per poi essere trasportata sul Toce, il Lago Maggiore, il Ticino e quindi attraverso il Naviglio Grande giungendo a Milano dopo aver percorso più di 110 km. Infine, nell’estate del 1451 i lavori furono funestati da un’epidemia di peste. In ottobre venne completata la Torre Castellana, ovvero quella della Rocchetta, e si insediò il nuovo castellano Foschino Attendolo.
Nel 1452 Filarete e Jacopo da Cortona vennero ingaggiati dal duca per la costruzione e la decorazione della torre mediana, che tuttora viene chiamata Torre del Filarete. Tra il primo e gli ingegneri milanesi nacquero ben presto screzi dovuti all’altezzosità del primo (che sviliva gli ingegneri ducali chiamandoli muratori) e alla sua ostinazione nel voler decorare la torre con terrecotte e beccatelli in marmo, rallentando l’andamento dei lavori. Lo stesso anno vennero realizzati i fossati. Più tardi ai due successe l’architetto militare Bartolomeo Gadio. Alla morte di Francesco Sforza, gli successe il figlio Galeazzo Maria che fece continuare i lavori dall’architetto Benedetto Ferrini. In questi anni fu avviata una grande campagna di affreschi delle sale della corte ducale, affidata ai pittori del ducato, di cui l’esempio più pregevole è la cappella ducale cui lavorò Bonifacio Bembo. Nel 1476, sotto la reggenza di Bona di Savoia, fu costruita la torre omonima.
Nel 1494 salì al potere Ludovico il Moro e il castello divenne sede di una delle corti più ricche e fastose d’Europa. Alla decorazione degli ambienti furono chiamati artisti come Leonardo da Vinci (che affrescò diverse sale dell’appartamento ducale, insieme a Bernardino Zenale e Bernardino Butinone) e Bramante (forse per una ponticella per collegare il castello alla cosiddetta strada coperta), mentre molti pittori affrescarono la Sala della Balla illustrando le gesta di Francesco Sforza. Di Leonardo resta in particolare la pittura di Intrecci vegetali con frutti e monocromi di radici e rocce nella Sala delle Asse, del 1498, mentre nulla rimane del colossale monumento equestre a Francesco Sforza, distrutto dai soldati Francesi prima di essere completato.
Negli anni a seguire il castello fu infatti danneggiato dai continui attacchi che francesi, milanesi e truppe germaniche si scambiarono; fu aggiunto un baluardo allungato chiamato “tenaglia” che dà il nome alla porta vicina e progettato forse da Cesare Cesariano, ma nel 1521 la Torre del Filarete crollò perché un soldato francese fece per errore esplodere una bomba dopo che la torre era stata adibita ad armeria. Ritornato al potere e al castello, Francesco II Sforza ristrutturò e ampliò la fortezza, adibendone una parte a sontuosa dimora della moglie Cristina di Danimarca.
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